Racconti dietro l'angolo

Piccole storie per raccontare

mercoledì 17 ottobre 2007

Depressione?


Ero arrivata. Non ce la facevo più. Come un castello di carte, le tensioni si andavano sovrapponendo una sopra l’altra, solamente a crollare ero stata io. Il tunnel in cui mi ero cacciata non aveva via d’uscita. Crisi di pianto si alternavano a crisi di panico, i miei amici non mi riconoscevano, i miei familiari non mi sopportavano.

Dopo mesi in cui quello che vedevo era tinto esclusivamente di nero,nella migliore ipotesi di grigiastro, mi ero decisa a rivolgermi ad uno specialista. Sfogarmi un po’, incanalare le mie tensioni non poteva che farmi bene.

Mi consigliai con un paio di amici che avevano avuto problemi simili e, finalmente decisa, presi un appuntamento. Pensavo di cavarmela con un paio di belle chiacchierate, invece uscii dallo studio con una prescrizione in mano. Accidenti! non pensavo di dover essere presa così seriamente! Una prescrizione! Anche l’imbarazzo di recarmi al dispensario! Ne cercai uno fuori dal mio quartiere, dove le probabilità di essere riconosciuta erano inferiori. Non ho mai sopportato la gente che sbircia cosa stai facendo al dispensario. Cercano di leggere da lontano la tua prescrizione, strabuzzando gli occhi. Io avevo imparato a tenerla girata sul bancone, ma allora rubano l’attimo del passaggio dalle mani della commessa alla busta in cui viene messa. La privacy, che illusione!!! Siamo un paese di guardoni e pettegoli, figuriamoci se con una legge che tutti aggirano si garantisce il diritto di non far sapere al mondo gli affari nostri.

Sto divagando, ma da quando non sto bene, difficilmente riesco a portare in fondo un discorso, un impegno, la mia testa se ne va per i fatti propri ed io non concludo niente.

La commessa mi chiese quale formato volevo, ed io , abbassando gli occhi imbarazzata, risposi:”Il più grande”, mentre in un angolino ignorato del mio cervello spuntava il cartellino con scritto “controindicazioni”.

Con il sacchettino stretto sotto il cappotto, tornai a casa. Presi un cucchiaino da caffè , staccai il telefono e mi chiusi in camera mia, mentre mia madre blaterava chiedendomi che diavolo stessi combinando.

Scartai con lentezza esasperata la confezione, svitai il tappo, tolsi il cellophan adesivo e già un soave profumo solleticava il mio olfatto stimolando le ghiandole salivari.

La vista era incantata dal quel laghetto marrone, magari il colore era poco acquatico, ma sopra c’erano effettivamente delle piccole onde. Con una mossa fulmine tuffai il cucchiaino nel barattolo, per sollevarlo bello colmo. Chiusi gli occhi, lo portai alla bocca e fu la luce.

Ora ero in un altro mondo, ero un’altra persona…. tranquilla, serena, ottimista. Davanti a me immagini bucoliche, musiche struggenti mi allietavano , una sensazione che da tempo non provavo si andava impadronendo di me….. Ma perché la Nutella doveva farmi questo effetto?

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