Racconti dietro l'angolo

Piccole storie per raccontare

mercoledì 17 ottobre 2007

La scommessa


Era stato tutto così caloroso, i loro amici avevano organizzato una splendida festa. Addirittura si erano procurati degli abiti medioevali, l’avevano vestita di tutto punto, sistemata su una specie di trono in cima ad una scalinata e costretto Giacomo in ginocchio a suonare una romantica musica. 25 anni. Erano passati 25 anni dal suo matrimonio con l’uomo che le stava dormendo accanto.

Valeria si allungò soddisfatta nel letto e abbracciò Giacomo che ancora dormiva beato dopo aver fatto tardissimo alla festa. Dopo tutte le notti che avevano passato vicini ancora le piaceva svegliarsi per prima ed aspettare che lui aprisse gli occhi nel rituale risveglio.

Aderiva al suo corpo, il petto contro la sua schiena. Prima lui si contorceva, poi mugolava pieno di sonno, infine si girava, ormai sveglio, e ricambiava il suo abbraccio. Certo, non c’era più la passione dei primi anni, ora forse il sentimento che li univa assomigliava di più alla tenerezza. Ma c’era ancora tanto amore, un amore alimentato in tutti quegli anni dall’amicizia che li aveva legati all’inizio, da interessi comuni ma anche dal rispetto per i rispettivi spazi.

Si erano conosciuti in un modo un po’ originale e quanti dubbi prima di accettare la scommessa del matrimonio.

Valeria tornò ventiquattrenne reduce da una bella delusione d’amore. In un momento di sconforto si era messa a leggere gli annunci personali su un giornale ed uno l’aveva colpita. Rispose un po’ per gioco, un po’ per rompere il cerchio di apatia e solitudine che si stava chiudendo intorno a lei. Per 3 anni aveva regalato ogni pensiero, ogni emozione, ogni minuto libero a Paolo. Poi lui aveva preferito fare un’altra strada e lei era rimasta sola. Non aveva voglia di cercare i vecchi amici, raccontare, spiegare, fare i “mea culpa” per essersi dimenticata di tutti.

Amici nuovi, una vita nuova, ecco quello che ci voleva, non farsi prendere dalla malinconia. Rispondere ad un annuncio! Perché no? Aprì una casella al fermo posta, così non avrebbe dovuto dare il suo indirizzo. Scrisse la sua prima lettera, poi la cestinò. La riscrisse e la cestinò di nuovo. Alla fine riuscì a spedirla.

Passarono 20 giorni. Si era ormai scocciata di andare tutte le mattine all’ufficio postale per aprire la cassettina che trovava inesorabilmente vuota. Anche questo colpo di testa della corrispondenza era diventata un nuovo motivo di tristezza e di delusione, alla fine del mese avrebbe riconsegnato le chiavi.

Quella mattina la gola nera della cassettina metallica era schiarita da una busta bianca. La prese vergognandosi un po’ e velocemente la cacciò nella borsa. La ignorò volutamente per tutto il giorno, solo la sera a casa, la prese tra le mani. La osservò attentamente prima di aprirla. Il numero della patente e la sua città spiccavano in blu sul bianco della busta. I caratteri erano un po’ allungati ma chiari e precisi. Anche il francobollo si faceva notare, era un emissione speciale. Prese un coltello e l’aprì lentamente, la lentezza dei gesti le faceva assaporare la prossima lettura, intensificando la sua emozione. Che scema che era! Tutta questa attesa per due parole di un perfetto sconosciuto, che magari stava a mille chilometri da lei, era antipatico, ignorante e sicuramente anche brutto.

Cominciò così. Giacomo non stava troppo lontano, non era ignorante e antipatico e nemmeno poi così brutto. Le lettere si moltiplicarono e dopo qualche mese sapevano ogni cosa l’uno dell’altra. Fin dalle prime settimane era nata un intesa, oggi si direbbe un feeling, particolare. Con i limiti causati dal non frequentarsi, avevano comunque imparato a conoscersi, a sapere leggere uno dentro all’altra. A volte succedeva che le loro lettere si incrociavano e si trovavano a leggere le solite osservazioni, i soliti pensieri. Si mettevano d’accordo e leggevano il medesimo libro, poi lo commentavano in lettere senza fine, sottolineando i soliti passi. La tenera amicizia stava diventando giorno dopo giorno un tenero amore, nonostante l’incognita di non essersi mai visti, a parte una foto in bianco e nero. Valeria non aveva parlato con nessuno di questa strana storia, ma le si leggeva in faccia che c’era qualcosa di nuovo nella sua vita. La mattina arrivava in ufficio allegra e frizzante, aveva abbandonato il muso lungo degli ultimi mesi. I colleghi curiosi cercavano di indagare, sbirciavano dalla finestra se c’era qualcuno ad aspettarla all’uscita dall’ufficio. Ma non riuscirono a scoprire chi era l’uomo che aveva ridato il sorriso a Valeria.

Dopo chili di carta decisero di incontrarsi. Erano 7 mesi che si scrivevano ed era l’ora di conoscersi. In quei giorni capitò nello studio dell’avvocato dove Valeria lavorava, una signora. Era una grafologa che faceva delle perizie per il tribunale. Era molto socievole e, nell’attesa di parlare con l’avvocato, si intrattenne con Valeria. Con tutta la carta che aveva nel cassetto alla ragazza venne in mente di chiederle di dare un’occhiata alla grafia di Giacomo. Gli avrebbe fatto una sorpresa, un regalo per il loro incontro: una valutazione professionale della sua calligrafia. Orgogliosa dell’idea originale, chiese alla signora se poteva farlo. Lei accettò con gentilezza, tanto doveva ripassare dallo studio e avrebbe ritirato il foglio con la grafia da vedere.

L’analisi la ricevette per posta, pochi giorni prima della data fissata per l’incontro.

Parlava di un uomo sicuramente intelligente, con molti interessi, doti anche artistiche. Sorrise mentre leggeva, queste cose le sapeva, brava però la grafologa! Il sorriso si trasformò in una piccola smorfia.

L’analista la stava mettendo in guardia, parlava di una personalità determinata che amava predominare sugli altri, mossa anche da interessi fuori dai canoni normali. Alla ragazza venne in mente che Giacomo le aveva parlato di una sua passione per le cose strane, misteriose e inspiegabili. L’aveva chiamato esoterismo. Insomma la grafologa diceva che poteva esercitare su di lei un influenza negativa, addirittura subdola, e la invitava a non subire troppo il fascino di questo amico. Le lacrime le offuscavano gli occhi, il timore le offuscava la mente e Valeria non riusciva a mettere a fuoco i concetti, le emozioni. Come in quelle mattine autunnali piene di nebbia dove vedi solo sagome e non riesci a distinguere quello che è effettivamente davanti a te, le parole diventavano ombre sfuggenti nella mente della ragazza.

La parola occultismo sostituiva esoterismo. Plagio sostituiva amore. L’amore con il quale si era cullata in questi mesi, che l’aveva scaldata, che l’aveva fatta sentire forte, sicura del suo domani. Che l’aveva resa bella, luminosa, cordiale. L’amore che l’aveva fatta sentire unica e speciale.

Mancava così poco all’appuntamento. Fidarsi del suo istinto o di quella scienza che sicuramente non era esatta?

Lei era stata sempre brava a capire le persone, fin da ragazzina anche i suoi si erano fidati della sua capacità di saper scegliere gli amici, ma la storia con Paolo aveva minato la fiducia in se stessa. Non sapeva cosa fare.

Parlarne con qualcuno? Cercare di approfondire con la grafologa? In questo caso avrebbe dovuto rivelare cosa c’era dietro alla sua corrispondenza, ma che figura avrebbe fatto? No, il suo orgoglio non glielo permetteva. Perse il conto delle volte che lesse l’analisi cercando tra le righe parole rassicuranti.

Effettivamente la dottoressa le diceva che non esiste un metodo scientifico per conoscere le persone. Chiuse tutto nel cassetto, andò a letto.

L’indomani si svegliò decisa. Prese l’analisi grafologica e la gettò nel cestino. Aveva deciso di vivere. La vita ha i suoi rischi e lei era decisa a correrli.

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