Racconti dietro l'angolo

Piccole storie per raccontare

domenica 17 ottobre 2010

UN'ALTRA STORIA

Seduta davanti al caminetto, una mano sotto l’ascella in un’inconsapevole carezza a me stessa, mi torna alla mente mia madre in questo gesto che le era consueto e che ho ereditato insieme ad una impressionante somiglianza. E’ così che ha scoperto un nodulo al seno. Una sera d’inverno, come tante in famiglia, dopo una giornata in fabbrica si stava rilassando davanti alle televisione, una mano dentro lo scollo della maglia in questo gesto abitudinario che probabilmente la rilassava, cambiò espressione ma non disse niente. Dopo qualche giorno sapemmo che avrebbe dovuto operarsi, che c’era questa cosa in un seno e che prima veniva tolta e meglio era. Era il 1981 lei aveva 46 anni io ne avevo appena compiuti 18. Troppo grande per non capire, troppo piccola per starle vicino. Affrontò l’intervento con la sua solita grinta nonostante il bisturi all’epoca fosse devastante e infatti non lasciò spazio a nessun tipo di conservazione. Appena uscita dall’ospedale si fece accompagnare da mio padre ad acquistare la protesi e, nonostante non muovesse bene il braccio a causa dello svuotamento ascellare, modificò da sola i reggiseni, cucendoci una specie di tasca per la protesi. Aveva fatto la sarta fin da ragazzina, di lei dicevano che avesse le “mani d’oro” per la sua abilità nel cucire. La difficoltà ad usare il braccio destro che le impediva l’abituale abilità con le forbici e alla macchina da cucire credo che le sia pesata maggiormente che la perdita del seno che non volle mai ricostruire. Chiudo gli occhi e la vedo con il pettine in mano a fare gli esercizi di riabilitazione. Le avevano consigliato di pettinarsi, di portare lentamente il pettine sulla testa e poi dietro la nuca. E lei diligentemente faceva i suoi esercizi, gioendo di ogni centimetro guadagnato in questa strana ginnastica. La chemioterapia era scontata e non la colse di sorpresa. Smise di tingersi i capelli, che erano diventati stranamente bianchi in giovane età, psicologicamente preparata alla calvizie. Il professore che la curava le consigliò di tenere in testa qualche ora prima della chemio una borsa del ghiaccio, era un esperimento, secondo lui poteva scongiurare la caduta dei capelli. Non so se fu il ghiaccio o la forza della sua capigliatura che era foltissima e con i capelli spessi e ribelli, so solo che ne perse pochissimi e fu la sua prima vittoria . Come Sansone prese forza da quei capelli che avevano resistito e questo le dette un coraggio immenso, una voglia di lottare e di guarire che è stata per me maestra di vita. Non si è mai abbattuta per lo scempio che avevano fatto del suo corpo, ma la chemio fu devastante. Cominciava a vomitare dopo pochi minuti che il veleno per il cancro entrava nelle sue vene e smetteva dopo 3 giorni dalla fine dell’infusione, giorni passati a letto con la sua gatta siamese acciambellata ai piedi . Si formò un legame particolare tra la gatta Mitzi e la mamma, finché lei stava a letto Mitzi non la lasciava ed era lei a decidere chi poteva sedersi accanto alla mamma, se non entrava nelle sue grazie soffiava finché lo sgradito ospite non si alzava.
Durante la chemio l’unica cosa che riusciva a mangiare erano le acciughe salate ma restavano poco tempo nel suo stomaco. La vita di tutta la famiglia impercettibilmente cominciò a ruotare secondo i ritmi della chemio. Stava alcuni giorni in ospedale, poi, tornata a casa, piano piano riprendeva le forze, quando era di nuovo in forma era il momento di ricominciare . In questi anni non l’ho mai vista abbattersi, non ricordo di averla mai vista piangere. Organizzava i suoi impegni con il calendario in mano, cercando sempre di non rinunciare ad uscita, ad un piccolo viaggio, una cena fuori.
Tra un ciclo e un altro cucì il mio vestito da sposa, una nuvola di tulle rosa che mi avvolse in un materno abbraccio e che la rese così orgogliosa del risultato! Erano decenni che non cuciva un abito da sposa e credo che neppure lei fosse troppo sicura del risultato, invece l’effetto fu stupendo.
Finalmente la chemio terminò e tutti ci aprimmo alla speranza. Volle festeggiare il quinto anniversario dall’operazione con un viaggio alle Canarie, un traguardo che avrebbe dovuto segnare la guarigione, invece fu l’inizio della fine. Il suo peggioramento coincise con la scoperta di un tumore anche a mia nonna materna e con la gravidanza di mia sorella che abitava in Romagna. Camminava sempre peggio ma nonostante questo anche quell’anno non volle rinunciare ad accompagnare mio padre al Giro delle regioni. Aveva sempre seguito mio padre nella sua passione per il ciclismo, prima con la squadra di ragazzini poi da alcuni anni nella carovana di un importante gara di dilettanti, dove mio padre guidava un ammiraglia.
Il 16 luglio nacque Stefano, di soli 7 mesi. Era piccolissimo e lei volle andare a Ravenna per vederlo, affrontando lo scomodo viaggio che ci collega dall’altra parte dell’Appennino. Tornò molto affaticata ma contava i giorni per tornare da mia sorella. L’ultima settimana di luglio io ero in ferie e le avevo promesso che saremmo andate in Romagna ma le sue condizioni erano pessime. Cercammo di convincerla a “rimandare” ma non ne volle sapere. Io e mio marito l’accompagnammo a trovare Stefano che ancora era nell’incubatrice, la portammo in reparto in carrozzella. Salutò mia sorella e il piccolino, sicuramente l’ultima meta che si era prefissa prima della resa, la riportammo a casa priva di sensi. Ci lasciò il primo di agosto. Dopo mesi ho saputo che lei, che con me non si era mai lasciata andare al pessimismo, già da tempo aveva salutato mia zia, la zia che Mitzi lasciava sedere sul letto, lasciandole le “consegne” per il suo addio. Per molto tempo dopo la sua morte, ogni tanto ho trovato sopra la sua lapide un mazzo di fiori con la coccarda, segno che uno dei suo ragazzi aveva vinto una gara.

Da poche settimane ho saputo che la mia vicina di casa e cara amica ha un cancro al seno. All’inizio sono rimasta sgomenta ma poi mi sono scrollata di dosso l’angoscia. Sono passati quasi 30 anni, c’è una consapevolezza diversa della prevenzione, in questi decenni la ricerca e la medicina non sono state a guardare, ne sono certa, questa sarà un’altra storia.

2 commenti:

Unknown ha detto...

Una piccola grande storia che mi ha commosso fino alle lacrime.

Unknown ha detto...

Una piccola grande storia che mi ha commosso fino alle lacrime.